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Articoli :: Iva, è responsabile chi fattura

26 Mar 2012

Fiscale - TributarioChi emette la fattura è l'unico responsabile della correttezza dell'aliquota Iva applicata alla cessione o alla prestazione.

Chi emette la fattura è l'unico responsabile della correttezza dell'aliquota Iva applicata alla cessione o alla prestazione anche quando dipende da informazioni o dichiarazioni fornite dal cessionario. È questo quanto emerge in due recenti pronunce (la 3291 e 3167 del 2012) della Cassazione.La sentenza 3291/2012 riguarda l'applicazione dell'aliquota Iva agevolata in edilizia. L'impresa esecutrice delle opere aveva imputato l'Iva al 4% in seguito alla dichiarazione del committente che si trattava di immobile non di lusso. L'avviso di accertamento emesso dall'ufficio riteneva che la costruzione, considerata la metratura, non poteva avere i requisiti richiesti per le abitazioni non di lusso. Pertanto doveva scontare l'aliquota ordinaria.La Suprema corte, accogliendo il ricorso dell'amministrazione (soccombente solo in secondo grado), ha preliminarmente chiarito che l'esecuzione di operazioni imponibili ai fini Iva comporta l'instaurazione di due autonomi rapporti giuridici. Il primo è tributario (relativamente all'imposta) e intercorre tra fisco e cedente; il secondo è di natura civilistica e intercorre tra cedente e cessionario.Nel rapporto tributario il cedente è il soggetto passivo rispetto al fisco e, pertanto, l'unico responsabile. Incombe su di lui, infatti, l'obbligo di verifica della posizione dei terzi con i quali ha operato, oltre che della veridicità delle dichiarazioni e/o informazioni utilizzate per la determinazione dell'imposta. Relativamente al rapporto civilistico, invece, la sentenza chiarisce due aspetti importanti: l'obbligo di rivalsa dal cedente al cessionario (articolo 18 del Dpr 633/72) e il divieto, originariamente previsto, di richiedere al cessionario l'eventuale maggiore Iva pagata in seguito a accertamento o rettifica da parte dell'amministrazione (articolo 60 del Dpr 633/72, recentemente modificato in senso contrario dal Dl 1/2012 che ha fatto cadere il divieto di rivalsa a condizione che sia saldato il conto con il fisco).In considerazione di tutto ciò, i giudici di legittimità hanno rilevato che l'impresa, sapendo di realizzare un edificio privo dei requisiti «non di lusso» e in virtù della metratura, avrebbe dovuto applicare da subito l'aliquota ordinaria a prescindere dalla dichiarazione mendace, rivalendosi, così, immediatamente sul committente.Stesso principio emerge dal l'ordinanza 3167/2012. La Cassazione conferma la responsabilità del cedente anche in materia di Iva intra Ue. In particolare il fisco aveva preteso Iva su cessioni intracomunitarie per difetto della prova di avvenuta consegna, avvalorata dalla mancanza di richiesta all'ufficio del l'esattezza del numero identificativo della cessionaria.L'articolo 50 del Dl 331/93 al comma 1 dispone che le cessioni intracomunitarie sono effettuate senza l'applicazione del l'Iva nei confronti di soggetti che abbiano comunicato il numero di identificazione attribuito dal loro stato di appartenenza ed, al secondo comma, è disposto che l'ufficio, su richiesta del cedente, confermi la validità di detto numero di identificazione.

Così la Cassazione ha rilevato che per accedere al regime di non imponibilità non era sufficiente indicare il numero nella documentazione relativa allo scambio, ma occorreva anche che il soggetto attivo (cedente) desse impulso a una procedura di verifica. In mancanza, l'ufficio aveva legittimamente ritenuto che lo scambio fosse avvenuto in ambito nazionale e, quindi, pretendere l'Iva. Inoltre il contribuente doveva provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificavano la deroga al normale regime.

Fonte: Ilsole24ore.it

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