No agli Avvocati dipendenti pubblici part- time

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Inviato da mario 28 Gen 2011 - 21:04

Corte di giustizia delle comunità europee - Sentenza n. 225/09 del 02/12/2010

Redazionale de “Il Gazzettiere”

 

Nell’ambito di una controversia per un sinistro stradale, innanzi al Giudice di pace di Cortona, gli avvocati che rappresentavano la parte danneggiata, nelle more del giudizio, erano stati cancellati dall’Albo, in quanto dipendenti pubblici con impiego a tempo parziale. La danneggiata presentava una memoria, nella quale chiedeva che i suoi avvocati fossero autorizzati a continuare a rappresentarla, adducendo che la legge 339/2003 sarebbe contraria al Trattato CE nonché ai principi generali della tutela dell’affidamento legittimo e del rispetto dei diritti quesiti.


Il Giudice di pace sospendeva il giudizio e sottoponeva alla Corte alcune questioni, tra le quali l’interpretazione dell’art. 8 della direttiva 98/5 CE.

La Corte di Giustizia Europea, in materia di norme che regolano l’esercizio della professione forense, si è pronunciata riguardo all’art. 8 della direttiva 98/5/CE, sostenendo che lo Stato membro ospitante può imporre agli avvocati ivi iscritti<u>,</u> che siano impiegati, a tempo pieno o a tempo parziale, presso un altro avvocato, un’associazione o società di avvocati oppure un’impresa pubblica o privata, restrizioni all’esercizio concomitante della professione forense e a tale impiego<u>,</u> purché tali restrizioni non eccedano quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenzione dei conflitti d’interesse e si applichino a tutti gli avvocati iscritti nel suddetto Stato membro.


La Corte di Giustizia Europea, con sentenza dello 02.12.2010, nel procedimento n. C
-225/09, afferma che la norma italiana che nega ai dipendenti pubblici impiegati part-time l’esercizio della professione forense è ammessa dalla legislazione Comunitaria.

L’articolo 8 della direttiva 98/5 CE prescrive che l’avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione quale lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un’associazione o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, quando lo Stato membro ospitante lo consenta agli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia.

Nel caso in esame, la Corte esaminava la normativa comunitaria e la normativa nazionale. La normativa italiana, con il Regio Decreto Legge 1578/1933, disponeva che l’esercizio della professione forense era incompatibile con qualsiasi impiego o ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni e in generale di qualsiasi altra Amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. La legge 662/1996 prevedeva una deroga al divieto per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche con rapporto di lavoro a tempo parziale e fino al 50 per cento. Tuttavia, la Legge n. 339/2003 ha rimesso in vigore i divieti già posti dal RDL citato, per cui i dipendenti pubblici che hanno ottenuto l’iscrizione all’Albo in data posteriore all’anno 1996 e dovessero essere tutt’ora iscritti all’Albo Forense, possono scegliere se mantenere il rapporto d’impiego, dandone comunicazione al Consiglio dell’Ordine entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, in mancanza di tale comunicazione, i Consigli degli ordini degli avvocati provvedono alla cancellazione d’ufficio.

La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata in senso favorevole, ovvero nel senso che le disposizioni dettate dalla legge del 2003 possono rimanere in vigore. In conclusione, in materia di libera concorrenza è concepibile una legislazione nazionale che faccia divieto ai dipendenti pubblici, anche impiegati con contratto di lavoro part-time, di esercitare la professione forense avvocato. (A cura di Emanuela Crusi)



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