Intimazione del licenziamento - Ricevimento dell'atto

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Inviato da mario 15 Ott 2010 - 23:05

L'intimazione del licenziamento e la comunicazione dei relativi motivi sono atti unilaterali recettizi, con conseguente applicazione delle disposizioni di cui agli art. 1334 e 1335 c.c..



Enrico Claudio Schiavone - Risposta a quesito del 15/10/2010
Atti recettizi – Diritto del lavoro

Quesito

ATTI RECETTIZI: Molto spesso mi trovo a dover comunicare un licenziamento o un provvedimento disciplinare del licenziamento a mezzo raccomandata A.R., in quanto tale modalità è prevista da molti c.c.n.l.. Il grosso problema sta nella ricezione dell'atto da parte del lavoratore che molto spesso non ritira la raccomandata o cambia indirizzo senza far conoscere il cambiamento al datore di lavoro. Ora, la decorrenza del licenziamento o del provvedimento disciplinare sarà considerata quella nella quale il lavoratore sarà messo a conoscenza (art. 1334 c.c.) o quella nella quale la lettera viene consegnata all'ultimo indirizzo conosciuto dal datore di lavoro (art. 1335 c.c.)?

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Parere

L'intimazione del licenziamento e la comunicazione dei relativi motivi sono atti unilaterali recettizi, con conseguente applicazione delle disposizioni di cui agli art. 1334 e 1335 c.c..

A favore del datore di lavoro opera, comunque, la presunzione (art. 1335 c.c.) per cui la dichiarazione di licenziamento si considera conosciuta quando è pervenuta all’indirizzo del lavoratore, dovendosi intendere per tale il luogo più idoneo per la ricezione e cioè il luogo che, in base ad un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio) o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un'attività lavorativa) o per preventiva comunicazione o pattuizione dell'interessato, risulti in concreto nella sfera di dominio o controllo del destinatario (Cass. 23.04.92 n. 4878). Sul punto, in ordine alla data di decorrenza del provvedimento, se le comunicazioni vengono effettuate al dipendente mediante lettere raccomandate spedite al domicilio "a norma dell'art. 1335 c.c., si presumono conosciute dal momento in cui giungono al domicilio del destinatario, ovvero, nel caso in cui la lettera raccomandata non sia stata consegnata per assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla, <u>dal momento del rilascio del relativo avviso di giacenza presso l'ufficio postale"</u> (Cassazione civile , sez. lav., 24 aprile 2003, n. 6527)

E’ fatta salva l’ipotesi che il lavoratore non dimostri di essersi trovato, senza propria colpa, nell’impossibilità di averne conoscenza, per circostanze eccezionali ed estranee alla sua volontà (quale un’improvvisa e grave malattia) che lo abbiano tenuto lontano dal luogo di destinazione della dichiarazione stessa ed abbiano interrotto in modo assoluto il suo collegamento (anche telefonico od epistolare) con tale luogo (Cass. 24.02.1976).

Ciò premesso, ferma restando la possibilità di richiedere un certificato di residenza del lavoratore destinatario, attesa la natura recettizia degli atti in questione è possibile consegnare a mani il provvedimento ai lavoratori dalla dubbia residenza. La Suprema Corte, con sentenza n. 26390 del 3.11.2008, ha statuito che "in ogni caso, devesi al riguardo ribadirsi il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale, seppure non esista un obbligo o onere generale e incondizionato di ricevere comunicazioni scritte da chicchessia e in qualunque situazione, tuttavia deve ritenersi ingiustificato il rifiuto di un lavoratore subordinato di ricevere dal datore di lavoro o dai suoi delegati comunicazioni anche formali nel posto di lavoro e durante l’orario di lavoro, in considerazione dello stretto vincolo contrattuale che lega le due parti. <u>Ne consegue che, anche ai sensi dell’art. 1335 c.c., il rifiuto del destinatario, nelle condizioni indicate, di ricevere un atto unilaterale recettizio a lui indirizzato comporta che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, in quanto regolarmente giunta a quello che in quel momento era l’indirizzo del destinatario</u>".

Pertanto, la consegna a mani sarà la scelta necessaria nei casi in cui il lavoratore risulti irreperibile al domicilio, ma presente sul posto di lavoro.

Tuttavia occorre considerare l’ipotesi residuale della comunicazione del provvedimento al lavoratore del tutto irreperibile. Tale fattispecie, non trovando espressa regolamentazione nella legislazione e nella giurisprudenza lavoristica, presenta caratteri eccezionali. In casi del genere, dopo aver richiesto un certificato di residenza, qualora il destinatario non risulti ivi rintracciabile, si dovrà fare riferimento alla disciplina prevista in materia di notificazione degli atti a persone di residenza, dimora e domicilio sconosciuti. A tale forma di notificazione, prevista dall’art. 143 c.p.c., si ricorre quando sono sconosciuti la residenza, la dimora o il domicilio attuale del destinatario e non vi è il procuratore previsto dall' art. 77 c.p.c.. La notifica si esegue mediante deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza nota o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita. Se non sono noti il luogo dell'ultima residenza né quello di nascita, una copia dell'atto deve essere consegnata al P.M. con riferimento a quanto prescrive l'art. 49 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. La notificazione si avrà per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.

Per quanto riguarda il momento in cui la notifica si perfeziona, la Corte Cost. (sent. 24/2004) ha precisato che la formalità si ha per eseguita, per il notificante, con il solo compimento delle formalità che rientrano nella propria disponibilità (consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario), purché il procedimento notificatorio si concluda positivamente. Pertanto, nell’ultima ipotesi di irreperibilità del lavoratore, si potrebbe prendere come punto di riferimento la data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

Enrico Claudio Schiavone

Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero degli Autori e non hanno in alcun modo carattere impegnativo sia per l’Editore che per gli Autori stessi.



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